Ritagli di vocazione
Di Gesù avevo già sentito parlare. Come tutti i bambini nati in una famiglia cattolica.
Ogni anno a Natale ero il più appassionato nel fare il presepe, la domenica quasi sempre facevo il chierichetto alla messa col parroco che allora era don Piermario e facevo il catechismo perché era normale farlo… diciamo il percorso obbligato per ogni bambino e ragazzo fino alla cresima.
Poi arrivarono i tempi delle scuole superiori: il tempo del diventare grande, del sembrare e non dell’essere e non potevo essere da meno. Ed ecco nascere la mia crisi, come per molti adolescenti credo. Dio non esiste e, se esiste, non è cosi buono come dicono i preti. Infatti vedevo la Chiesa come una roba per vecchiette e per sfigati, e i preti mi sembravano un po’ troppo poco convincenti per darmela a bere la storiella di Gesù. Fu così che mi credevo ateo o quasi e dicevo a me stesso: in fondo si può fare benissimo a meno della religione nella vita. Ma quelli furono anche i tempi delle prime esperienze, con le ragazze, con le sigarette, con le birre… e le prime esperienze di relazioni sociali che per me iniziarono con i Giari, a Manta, parentesi durata sette anni della mia vita.
Poi col finire delle sicurezze, divertimenti e passioni della scuola superiore vissi una crisi ancor più buia. Ma per fortuna quel Dio che avevo abbandonato, anche se allora non lo sapevo, mi stava aspettando. In quel periodo finirono molti sogni per me: diplomato geometra non avevo nessuna intenzione di diventarlo, e non volevo nemmeno continuare il lavoro di mio padre… diciamo che sapevo cosa non volevo diventare nella vita ma non sapevo ancora chi ero e chi sarei stato. Alcuni momenti di solitudine, la perdita di fiducia nei confronti di alcune amicizie e il mio sentirmi inutile mi rendevano vuoto.
Le cose iniziarono a cambiare quando incominciai a lavorare. Feci alcune esperienze lavorative come educatore, a contatto con i ragazzi e i bambini…Grazie a loro iniziai a capire che per ricevere qualcosa nella vita avrei dovuto donare. Ma ero ancora molto confuso e, preso lo zaino in spalla, feci un viaggio in solitaria nell’est-europeo. Non so cosa cercavo. Forse me stesso. E fu così che in Romania nell’agosto 2002 incontrai per la prima volta Dio: aveva gli occhi di un bambino abbandonato, con i capelli biondi, e mi chiedeva di farlo giocare e di non lasciarlo solo. Alla mia partenza da quell’orfanotrofio piansi come non avevo mai fatto. Tornato nella mia vita, in Italia, tutto iniziò a cambiare, ad evolversi. Non ero più quel ragazzo triste e vuoto. Avevo avuto un’Incontro. Iniziò il mio delirio. Come potevo definirmi ateo? Molte altre esperienze mi portavano a Lui. E potrei quasi dire che fu un periodo di doping di Dio. Iniziai un percorso di ricerca che durò più di tre anni. Gli incontri con il Signore avvennero in molti modi e luoghi diversi. Ricordo ancora uno dei primi momenti in cui iniziai a credere (col cuore!). Ero alla Certosa di Pesio, ad una Messa feriale. Ero l’unico ragazzo presente (oltre padre Francis che celebrava) insieme ad una amica e alle ragazze della Comunità Cenacolo di Spinetta. Non sapevo cosa ci facevo lì ma sapevo di essere nel posto giusto. Fu così che iniziai la Scuola di Preghiera alla Certosa, fu così che mi innamorai dello spirito del Cenacolo di Suor Elvira, fu così che iniziai a conoscere la figura della nostra mamma celeste Maria e fu così che iniziai a capire che se cercavo una risposta l’avevo trovata… in una frase di Charles de Foucald :
Se sei arrivato fin qui a leggere, complimenti per la tenacia e per la pazienza. E auguri. Di buon tempo. Che sia per te un tempo in cui camminare e non star fermo. Ricordati che l’uomo diventa ciò che contempla. Non fermarti a contemplare lo schermo vuoto di un pc, non fermarti a contemplare il soffitto mentre sei disteso sul letto, non fermarti a perdere tempo pensando di essere uno che non può cambiare il mondo… Duc in altum, fai della tua vita la miglior cosa possibile, rendila unica perché sarà l’unica che hai a disposizione e perché sei unico solo nella misura in cui fai delle scelte uniche.
Concludo con una delle frasi che più mi piace: “Possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso” (J.R.R. Tolkien)
Buon tempo!
17 aprile 2008
BLenJo